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ATTACCHI DI PANICO
Dott.ssa Alessandra Bulgarelli
Psicologa clinica
Un attacco di Panico è definito come:
Un episodio o periodo di tempo definito di paura intensa o disagio che si sviluppa all'improvviso, raggiunge l'apice rapidamente, e si caratterizza per una serie di sensazioni fisiche e di pensieri spaventosi. Normalmente gli attacchi di panico hanno una durata di circa 10 minuti.
I sintomi che possono caratterizzare l'attacco di panico
sono: palpitazioni, cardiopalmo o tachicardia, sudorazione, tremori fini o grandi scosse, sensazione di soffocamento, dolore o fastidio al petto, nausea o disturbi addominali, sensazioni di sbandamento, di instabilità, di testa leggera o di svenimento, derealizzazione (sensazione di irrealtà) o depersonalizzazione (essere distaccati da se stessi), paura di perdere il controllo o di impazzire, paura di morire, parestesie (sensazioni di torpore o formicolio), brividi o vampate di calore.
Non tutti i sintomi sono necessari perché si tratti di un attacco di panico. Vi sono molti attacchi caratterizzati solo o in particolare da alcuni di questi sintomi. La frequenza e la gravità dei sintomi degli attacchi di panico varia ampiamente nel corso del tempo e delle circostanze. Ad esempio, alcuni individui presentano attacchi moderatamente frequenti (per es., una volta a settimana), che si manifestano regolarmente per mesi. Altri riferiscono brevi serie di attacchi più frequenti, magari con sintomi dell’attacco di panico meno intensi (per es., quotidianamente per una settimana), intervallate da settimane o mesi senza attacchi o con attacchi meno frequenti (per es., due ogni mese) per molti anni.
Cause del disturbo di panico
L’età in cui tale disturbo si manifesta per la prima volta varia notevolmente da soggetto a soggetto, ma tipicamente si colloca tra la tarda adolescenza e i 35 anni; si presenta quasi sempre durante un periodo in cui tensione o stress sono elevati.
Si distinguono diverse categorie di fattori di rischio che concorrono all'insorgenza del disturbo di panico:
Fattori stressanti psicologici: ad esempio disaccordo con il coniuge o i parenti, morte o malattia in famiglia, problemi sentimentali, problemi finanziari o pressioni sul lavoro;
Fattori stressanti fisici: malattie fisiche, esaurimento da troppo lavoro, uso di alcolici o di droghe, mancanza di sonno; iperventilazione: consiste in una respirazione più rapida e profonda rispetto al fabbisogno d’ossigeno dell’organismo in un determinato momento (in genere, la persona che ha la sensazione di soffocare tende a respirare con ritmo veloce, ingoiando più aria possibile, nell’idea altrimenti di soffocare);
Predisposizione genetica e familiarità: i consanguinei di primo grado si trasmetterebbero la tendenza a rispondere con l’ansia a determinati stimoli;
Caratteristiche di personalità:
consistono essenzialmente in una sensibilità agli stimoli ansiogeni, che si manifesta in particolare con uno stile di pensiero catastrofico.
A prescindere dalla causa, una volta che una persona sperimenta l’attacco di panico, si genera in essa la paura e la preoccupazione che l’attacco di panico possa verificarsi nuovamente (“ansia anticipatoria”) e la preoccupazione rispetto alle conseguenze dell’attacco di panico stesso (es. paura che col verificarsi di una serie di attacchi di panico si possa rischiare un attacco cardiaco, soffocare, impazzire, ecc.); a questo punto si è in balia di un “circolo vizioso”.
La maggior parte delle persone imparano rapidamente a riconoscere le situazioni nelle quali è più probabile avere un attacco di panico; ad esempio aeroplani, treni, autobus, ascensori sono temuti perché in caso di attacco di panico bisogna aspettare di arrivare a destinazione prima di poter uscire. Anche aspettare in fila in una banca o in un negozio comporta le stesse difficoltà. Essere soli in casa senza vicini su cui poter contare o guidare soli nel traffico o essere soli su una spiaggia o in una campagna possono avere conseguenze analoghe: chi potrebbe venire in mio soccorso in caso di panico?
Di conseguenza si sviluppa la tendenza ad evitare tutte una serie di situazioni che vengono considerate dalla persona come “a rischio di attacco di panico”.
I comportamenti protettivi più diffusi sono: portare con sé farmaci per l’ansia; muoversi solo in zone in cui sono presenti strutture mediche; allontanarsi da casa solo se accompagnati da persone di fiducia; tenere sempre sotto controllo le uscite di sicurezza.
Solitamente c'è la tendenza a evitare tutte le situazioni o luoghi considerati “ansiogeni”, in cui la persona valuta che sia difficile trovare una “via di fuga” o di ricevere aiuto in caso di un attacco di panico.
Tra i comportamenti di evitamento più diffusi si riscontrano: non utilizzare automobile, autobus, metropolitana, treno o aereo; non frequentare luoghi chiusi (es. cinema); non allontanarsi da zone considerate sicure (es. casa); non compiere sforzi fisici.
Il disturbo di panico è una patologia piuttosto diffusa, ingravescente e fortemente invalidante. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne soffre tra il 2% e il 3% della popolazione mondiale, soprattutto donne.
Solitamente il decorso del disturbo è cronico, ma mentre alcune persone ne soffrono in modo continuativo, altre presentano intervalli di anni senza attacchi di panico.
Il trattamento cognitivo-comportamentale
L'intervento psicoterapeutico cognitivo-comportamentale risulta particolarmente indicato per affrontare efficacemente i problemi legati all'ansia e agli attacchi di panico, focalizzandosi sui seguenti aspetti:
Psicoeducazione al disturbo: Il primo passo consiste nel fornire al paziente informazioni su come funziona il disturbo, in particolare sulle modalità di insorgenza e come si manifesta, quindi il mantenimento dello stesso, tecniche di gestione dell’ansia;
Ricostruire l'evento e la manifestazione iniziale e attuale del disturbo;
Insegnamento di tecniche per la gestione dei sintomi ansiosi;
Riconoscere i pensieri catastrofici associati all'ansia (interpretazioni erronee). Dopo il primo attacco di panico si diviene particolarmente sensibili alle proprie reazioni fisiche ed anche lieve aumento del battito cardiaco può venire male interpretato come possibile inizio di un attacco di cuore. Per interrompere il circolo vizioso del panico ed impedire che una reazione di ansia si trasformi in attacco di panico è opportuno non interpretare in modo catastrofico le sensazioni dell'ansia;
Esposizione graduale alle sensazioni e agli stimoli temuti ed evitati: affrontare gradualmente le situazioni minacciose permette di contrastare i pensieri catastrofici, acquisendo fiducia nelle nostre capacità; prevenzione delle ricadute.