ALLERGIE, CELIACHIA

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ALLERGIE, CELIACHIA E INTOLLERANZE ALIMENTARI: FACCIAMO UN PO’ DI CHIAREZZA! 
Dr.ssa Alice Vignoli
Dr.ssa Alice Vignoli, Medico Chirurgo, Specialista in Allergologia e Immunologia Clinica
Libero Professionista a Carpi, Mirandola e Bologna; Medico Specialista Contrattista presso AOU
Policlinico Sant’Orsola-Malpighi - Bologna
Contatti: drssaalicevignoli@gmail.com
328 2714387
Facebook: Allergologia Vignoli


Si definisce reazione avversa a un alimento ogni manifestazione indesiderata e imprevista conseguente all’assunzione di un alimento. 
La classificazione attualmente in uso, condivisa a livello internazionale, suddivide tali reazioni sulla base dei differenti meccanismi patologici che le determinano. Tra le reazioni avverse ad alimenti, Allergia e Intolleranza alimentare sono le più frequenti.
L’Allergia Alimentare (AA) è una reazione avversa agli alimenti causata da anticorpi della classe IgE, che reagiscono verso le proteine alimentari. L’AA può manifestarsi già in età pediatrica oppure insorgere in età adulta: nel primo caso spesso regredisce (come ad esempio nel caso di latte e uovo), mentre se comparsa
successivamente tende a persistere per tutta la vita.
Secondo le stime più recenti l’AA interessa il 5% dei bambini di età inferiore a 3 anni e circa il 4% della popolazione adulta.
L’AA può presentarsi con un ampio spettro di manifestazioni cliniche che spaziano da sintomi lievi (sindrome orale allergica) fino allo shock anafilattico, potenzialmente fatale. 
Segni e sintomi compaiono a breve distanza dall’assunzione dell’alimento (da pochi minuti a poche ore) e sono tanto più gravi quanto più precocemente insorgono. Possono interessare diversi organi ed apparati.
Per anafilassi si intende una reazione sistemica (cioè che interessa diversi organi) a potenziale rischio di vita. Tale reazione è caratterizzata da sintomi che insorgono rapidamente (da pochi minuti a 1-2 ore) dopo l’ingestione dell’alimento, con interessamento delle vie aeree, difficoltà respiratoria, crampi addominali, nausea, vomito, diarrea, orticaria generalizzata, caduta della pressione arteriosa con evoluzione fino al collasso cardiocircolatorio.

Gli alimenti più frequentemente in causa sono costituiti da latte vaccino, uovo, grano,
frutta secca, pesce e crostacei, anche se tutti gli alimenti sono potenzialmente in
grado di scatenare reazioni gravi.

Nel soggetto allergico a pollini, l’ingestione di alimenti di origine vegetale (frutta e verdura) può determinare l’immediata comparsa di lieve gonfiore delle labbra e/o della lingua, prurito e/o bruciore localizzati al cavo orale. Si tratta di sintomi che raramente superano il cavo orale o evolvono verso l’anafilassi, e che si risolvono da soli nell’arco di pochi minuti o poche ore. Gli alimenti più frequentemente in causa sono mela, pera, pesca, carota, melone. La cottura dell’alimento determina l’inattivazione dell’allergene responsabile e consente l’assunzione dell’alimento senza alcuna reazione.

La diagnosi di AA è un percorso complesso che richiede una figura specialistica, Allergologo o Pediatra Allergologo, con specifiche competenze nel settore.
Il prick test per la diagnosi di allergie alimentari è utilizzato in tutto il mondo, è un test sensibile e specifico, relativamente semplice nella sua esecuzione, di basso costo ed a lettura immediata; si effettua utilizzando estratti allergenici purificati del commercio (prick test) oppure con alimenti freschi in particolare del mondo vegetale (prick by prick o prick to prick): quest’ultima metodica consente di testare alimenti che
individualmente sono reputati possibile causa di disturbi e che non sono disponibili in commercio come estratti, ma anche per poter testare molecole altrimenti alterate. I test cutanei non sono comunque scevri da rischi ed anche per questo occorre personale specializzato per eseguirli e interpretarli.
Un test di secondo livello, da eseguire dopo il prick test, è il dosaggio su un campione di siero (da prelievo di sangue) delle IgE specifiche verso l’alimento (IMMUNOCAP, ex RAST): il test può supportare il sospetto di reazione IgE mediata agli alimenti ma non è decisivo per l’esclusione di un alimento dalla dieta, né risulta più sensibile o specifico dei test cutanei: la negatività non esclude allergia e la positività può indicare solo sensibilizzazione. 
Proprio per le criticità interpretative che il test può implicare, nonché per i costi della metodica, il suo utilizzo dovrebbe essere di pertinenza specialistica per approfondimento.
La celiachia è una patologia cronica sistemica immuno-mediata, indotta dalle proteine del frumento, orzo e segale (prolamine), in individui geneticamente  suscettibili e caratterizzata da livelli variabili di enteropatia (cioè di danno della mucosa intestinale), dalla presenza nel siero, a dieta libera, di anticorpi specifici e da
una combinazione variabile di sintomi intestinali ed extra-intestinali. 

La predisposizione genetica è legata alla presenza degli HLA DQ2/DQ8, in assenza dei quali la diagnosi è virtualmente esclusa o almeno altamente improbabile. L’apparato gastroenterico è sempre interessato dall’infiammazione, in particolare a livello duodeno-digiunale dove, a seguito dell’ingestione del glutine, si attiva una risposta immune mediata da linfociti T che porta a un danno alle cellule che rivestono i villi
intestinali, che di conseguenza si atrofizzano e si appiattiscono. Da ciò deriva un malassorbimento, la cui entità correla con la severità e l’estensione del danno, di sostanze fondamentali fra i quali i cosiddetti micronutrienti quali vitamine, ferro, calcio, ed un deficit di enzimi digestivi in particolare per gli zuccheri, localizzati sull’orletto a spazzola (“brush border”) delle cellule epiteliali di rivestimento dell’intestino tenue. 

Il processo infiammatorio è cronicamente sostenuto dalla ingestione di glutine ed al momento la sola terapia è rappresentata dalla dieta aglutinata rigida e permanente; la dose massima giornaliera tollerata di glutine è di
10 mg. La prevalenza della celiachia è stimata intorno all’1% della popolazione generale. 
Può manifestarsi in tutte le fasce d’età, e prevale nel sesso femminile. Sebbene sia una delle patologie croniche più frequenti,, l’eterogeneità delle espressioni cliniche spesso non la rende tempestivamente riconoscibile. In Italia, come in altri Paesi, a fronte delle stime sono ancora diverse centinaia di migliaia i celiaci da diagnosticare. Il primo esame da effettuare nel sospetto di celiachia è il dosaggio degli anticorpi IgA
anti transglutaminasi tissutale, insieme al dosaggio delle IgA totali. 
In seguito, nei casi positivi, viene effettuato il test di conferma: valutazione degli anticorpi anti
endomisio in immunofluorescenza indiretta (IFI), che è il test più specifico.
Nei soggetti adulti è sempre da effettuare anche l’esofago-gastro-duodeno scopia (EGDS) con biopsie duodenodigiunali: l’esame istologico (cioè l’analisi al microscopio della mucosa intestinale prelevata durante la gastroscopia) conferma la diagnosi, valuta l’entità del danno della mucosa intestinale e rappresenta un dato di riferimento basale in caso si rendano necessarie biopsie di controllo.
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