Dr.ssa Alice Vignoli, Medico Chirurgo, Specialista in Allergologia e Immunologia ClinicaLibero Professionista a Carpi, Mirandola e Bologna; Medico Specialista Contrattista presso AOU
Policlinico Sant’Orsola-Malpighi - Bologna
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Si definisce reazione avversa a un alimento ogni manifestazione indesiderata e imprevista conseguente all’assunzione di un alimento.
La classificazione attualmente in uso, condivisa a livello internazionale, suddivide tali reazioni sulla base dei differenti meccanismi patologici che le determinano. Tra le reazioni avverse ad alimenti, Allergia e Intolleranza alimentare sono le più frequenti.
L’Allergia Alimentare (AA) è una reazione avversa agli alimenti causata da anticorpi della classe IgE, che reagiscono verso le proteine alimentari. L’AA può manifestarsi già in età pediatrica oppure insorgere in età adulta: nel primo caso spesso regredisce (come ad esempio nel caso di latte e uovo), mentre se comparsa
successivamente tende a persistere per tutta la vita.
Secondo le stime più recenti l’AA interessa il 5% dei bambini di età inferiore a 3 anni e circa il 4% della popolazione adulta.
L’AA può presentarsi con un ampio spettro di manifestazioni cliniche che spaziano da sintomi lievi (sindrome orale allergica) fino allo shock anafilattico, potenzialmente fatale.
Segni e sintomi compaiono a breve distanza dall’assunzione dell’alimento (da pochi minuti a poche ore) e sono tanto più gravi quanto più precocemente insorgono. Possono interessare diversi organi ed apparati.
Per anafilassi si intende una reazione sistemica (cioè che interessa diversi organi) a potenziale rischio di vita. Tale reazione è caratterizzata da sintomi che insorgono rapidamente (da pochi minuti a 1-2 ore) dopo l’ingestione dell’alimento, con interessamento delle vie aeree, difficoltà respiratoria, crampi addominali, nausea, vomito, diarrea, orticaria generalizzata, caduta della pressione arteriosa con evoluzione fino al collasso cardiocircolatorio.
Gli alimenti più frequentemente in causa sono costituiti da latte vaccino, uovo, grano,
frutta secca, pesce e crostacei, anche se tutti gli alimenti sono potenzialmente in
grado di scatenare reazioni gravi.
Nel soggetto allergico a pollini, l’ingestione di alimenti di origine vegetale (frutta e verdura) può determinare l’immediata comparsa di lieve gonfiore delle labbra e/o della lingua, prurito e/o bruciore localizzati al cavo orale. Si tratta di sintomi che raramente superano il cavo orale o evolvono verso l’anafilassi, e che si risolvono da soli nell’arco di pochi minuti o poche ore. Gli alimenti più frequentemente in causa sono mela, pera, pesca, carota, melone. La cottura dell’alimento determina l’inattivazione dell’allergene responsabile e consente l’assunzione dell’alimento senza alcuna reazione.
La diagnosi di AA è un percorso complesso che richiede una figura specialistica, Allergologo o Pediatra Allergologo, con specifiche competenze nel settore.
Il prick test per la diagnosi di allergie alimentari è utilizzato in tutto il mondo, è un test sensibile e specifico, relativamente semplice nella sua esecuzione, di basso costo ed a lettura immediata; si effettua utilizzando estratti allergenici purificati del commercio (prick test) oppure con alimenti freschi in particolare del mondo vegetale (prick by prick o prick to prick): quest’ultima metodica consente di testare alimenti che
individualmente sono reputati possibile causa di disturbi e che non sono disponibili in commercio come estratti, ma anche per poter testare molecole altrimenti alterate. I test cutanei non sono comunque scevri da rischi ed anche per questo occorre personale specializzato per eseguirli e interpretarli.
Un test di secondo livello, da eseguire dopo il prick test, è il dosaggio su un campione di siero (da prelievo di sangue) delle IgE specifiche verso l’alimento (IMMUNOCAP, ex RAST): il test può supportare il sospetto di reazione IgE mediata agli alimenti ma non è decisivo per l’esclusione di un alimento dalla dieta, né risulta più sensibile o specifico dei test cutanei: la negatività non esclude allergia e la positività può indicare solo sensibilizzazione.
Proprio per le criticità interpretative che il test può implicare, nonché per i costi della metodica, il suo utilizzo dovrebbe essere di pertinenza specialistica per approfondimento.