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Competenza e metodo sono la cura

Annalisa Bonaretti • feb 23, 2021
A un anno esatto dal primo paziente Covid in città, Chiara Pesci, direttore del Pronto Soccorso e responsabile della Medicina d’Urgenza del Ramazzini e Stefano Toscani, direttore interaziendale dell’Emergenza-Urgenza dell’Ausl e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena, fanno il punto della situazione 

Competenza e metodo sono la cura

Annalisa Bonaretti

Numeri, numeri e ancora numeri: in quest’anno siamo stati sommersi da dati che sono stati indubbiamente utili per farci capire cosa stava capitando, ma che sono stati, almeno per il cittadino comune, anche fonte di ansia, di una paura non sempre facilmente controllabile. Hanno parlato, urlato talvolta, in troppi mentre chi avrebbe potuto spiegare non lo ha fatto perché il Covid-19 lo combatteva ogni giorno sul campo. Due medici in prima linea sono Chiara Pesci e Stefano Toscani, rispettivamente direttore del Pronto Soccorso della Medicina d’Urgenza del Ramazzini e direttore interaziendale dell’Emergenza-Urgenza che comprende tutte le unità operative di Pronto Soccorso, Medicina d’Urgenza, Punti di Primo Intervento e Sistema 118 dell’Ausl e dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Modena.
Chiara Pesci ha preso servizio a Carpi il 1 gennaio 2018, ha imparato a conoscere le dinamiche del PS del Ramazzini e poi si è ritrovata a fronteggiare l’emergenza Covid. “Lo scorso anno siamo passati dai 46/47 mila accessi al Pronto Soccorso a 32 mila, un crollo dovuto al timore delle persone di venire in ospedale. Abbiamo visto molti meno casi, ma molto più pesanti da trattare. Adesso la situazione è completamente diversa, in gennaio e febbraio registriamo un + 4 mila accessi al mese”, come dire che, se continua questo trend, verrà ampiamente superato il numero, già record, degli anni pre-Covid. “Adesso vediamo tanti codici Verdi; lo scorso anno erano spariti insieme ai Bianchi; vedevamo praticamente solo codici Gialli e Rossi. Noi vediamo tutti, è ovvio che ci sono delle priorità e vanno rispettate”.

I numeri sono molto alti, se poi aggiungiamo che si lavora in un cantiere, è facile comprendere le difficoltà di chi, quotidianamente opera per la nostra salute. “Abbiamo i lavori in casa – osserva Pesci -, ci sono tre linee di ristrutturazione: lavori al Pronto Soccorso che vedono la ristrutturazione più pesante negli ambulatori Rosso e Giallo; la Medicina d’Urgenza verrà ampliata; ad aprile dovrebbe iniziare l’ampliamento del PS nella cosiddetta area eliporto. Un cambiamento importante sia sulle strutture che nella parte tecnica/elettromedicale. Il potenziamento ci porterà a passare dagli attuali 8 letti monitorati su 16 a 16 letti monitorati più 6 di Semintensiva per un totale di 22 letti”. Questi miglioramenti futuri comportano disagi attuali: l’accesso pedonale al Pronto Soccorso è chiuso, la camera calda è mutilata con la suddivisione per i pedoni e per le ambulanze costrette alla retromarcia, delle due tende presenti fuori per ospitare i parenti ne è rimasta una sola perché è stata rubata una valvola e la tenda si è afflosciata. Meglio non commentare.
Una gestione complessa quella del PS, le lamentele degli utenti, nel corso degli anni, non sono mancate e nemmeno l’era Pesci ha fatto eccezione, ma alla dottoressa tutti riconoscono un’ottima gestione Covid, peraltro tutt’altro che semplice. L’organizzazione ha sicuramente contribuito a fare la differenza, e la creazione della “zona pulita” e della “zona sporca” è stata determinante. Un aiuto viene anche dai rapporti con le altre unità operative o servizi, come Cardiologia, Neurologia, Radiologia, per forza di cosa quelli più vicini a PS ed Emergenza. “I rapporti tra di noi – precisa Pesci – sono buoni e lo sono stati anche nei momenti più critici come la prima e la seconda ondata; come Medicina d’Urgenza siamo una Semintensiva a tutti gli effetti e posso dire con soddisfazione che abbiamo ottimi rapporti con la Cardiologia. Lavoriamo bene anche con gli altri reparti, la collaborazione tra noi esiste. Essendo la nostra una Medicina d’Urgenza polifunzionale le polmoniti le abbiamo tenute tutte noi, facciamo tantissime ventilazioni, spesso abbiamo 16 malati ventilati, la nostra vocazione è questa, siamo l’Urgenza”. Che, in periodi normali, significa non solo insufficienze respiratorie, ma anche sepsi gravi, intossicazione severe, traumatismi importanti.

Pesci esprime soddisfazione per il tasso molto basso di infezione negli operatori dovuto alla grande attenzione quotidiana e alle decine di migliaia di tamponi fatti al personale e agli utenti/pazienti. Ammette che la fatica è stata ed è “tanta, lavorare con tuta, mascherina, doppio camice, visiera è estremamente faticoso, ma un grosso impegno c’è stato e continua ad esserci da un punto di vista emotivo e, dopo un anno, ne sentiamo tutto il carico. Ma noi siamo qua, quello che arriva, trattiamo”, e lo afferma con la perentorietà di chi è abituato a decidere sull’onda dell’emergenza. Non vuole fare previsioni sul futuro, ma si sbilancia ammettendo che “da due-tre giorni qualcosina in più si vede”.
La conferma arriva da Stefano Toscani che sostiene: “Tutti hanno dato il massimo, abbiamo pagato un onere alto per lo stress e due di noi sono morti; la stanchezza psicologica c’è, anche per questo tutto quello che dà motivazione dobbiamo prenderlo. Ad esempio, il potenziamento su Carpi non solo offre un servizio migliore ai cittadini ma dà al personale il senso di essere accudito, considerato. E anche questo è un gran risultato”.
Toscani ammette che, nella prima fase, il Paese era impreparato, mancavano tute, mascherine, le linee di indirizzo erano improvvisate; non semplici nemmeno i rapporti con i medici di base, il Covid ha colto tutti impreparati. “Va ripensata la struttura delle Cure primarie – suggerisce -, la strada da percorrere è indicata ma sarà da realizzare. Noi ci siamo sempre messo a disposizione e abbiamo fatto da ponte con la telemedicina, il monitoraggio, il consulto di secondo e terzo livello di pazienti a domicilio. Posso assicurare che è stato un lavoro pesantissimo, coordino 500 persone e tutti hanno dato il massimo. Abbiamo lavorato e continuiamo a farlo con mascherine – sapesse le irritazioni congiuntivali che ci siamo autocurati! -, con camice e sovracamice, per fortuna che sono cambiati i tessuti e adesso abbiamo un maggior comfort”. E una maggior tranquillità, praticamente tutti vaccinati gli uomini e le donne dell’Emergenza, agli operatori ogni due settimane viene fatto un tampone e ai ricoverati uno all’ingresso e uno ogni tre giorni. Quando siamo partiti, un anno fa, non c’era niente, né tamponi antigenici né molecolari, niente di niente. Adesso, in confronto ad allora, è tutt’altra cosa. Abbiamo un setting che non è l’ideale ma è il migliore possibile”.
Stefano Toscani in nemmeno una decina d’anni ha affrontato situazioni estreme: il terremoto, due alluvioni – Secchia e Panaro -, il concerto a Modena di Vasco Rossi e il Covid. Di ciascuna ha un ricordo netto, ma niente è assimilabile alla pandemia, “una dimensione che non conoscevamo, non ce n’era nemmeno memoria. E le difficoltà di un Paese che non aveva fatto piani di riconversione industriale (produzione di mascherine, tute) hanno peggiorato tutto. Senza Piano pandemico abbiamo fatto davvero tutto quanto era in nostro potere”. 
Non esita a osservare che “la circolazione del virus è ancora molto elevata, ma non serve un lockdown generalizzato, deve essere ragionato e settoriale. Si può fare, facendo molta attenzione ai dati, noi dobbiamo contenere. Perché, prima di essere tranquilli, passerà del tempo. Abbiamo un numero elevatissimo di morti, 95 mila, diciamo 3 milioni circa di persone immunizzate naturalmente, meno di 2 milioni di persone vaccinate quando, per raggiungere l’immunità di gregge, ne servono dai 40 ai 50 milioni”.
E si torna ai numeri, numeri davanti ai quali siamo troppo lontani. E allora meglio pensare che, oggi, ci sono strumenti inesistenti un anno fa, che l’organizzazione è migliorata, come le cure. L’auspicio è che ci siano sempre meno numeri capaci di destare timori, che si riduca al minimo un certo terrorismo mediatico che ha fatto gravi danni, ancora di più di chi banalizzava soluzioni palesemente inesistenti. Non dimentichiamoci che il “mercato della salute” esiste, ma è più forte la certezza della serietà e capacità della stragrande parte degli operatori. Sagge, e speriamo profetiche, le parole di Chiara Pesci. “Dobbiamo riprendere in mano l’alleanza tra medico e paziente. 
E’ necessario”. Competenze ed emozioni, esperienze e aspettative, la cura nasce, sempre, da qui.
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