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Sei di Carpi se..

L' isola che (non) c'è

I Fagiani - Lucia Verrini • dic 02, 2020
Mi stupisco sempre di come le situazioni più impensabili e i contesti apparentemente meno indicati forniscano spunti di riflessione che scavano molto più in profondità rispetto al punto in cui certamente si voleva arrivare. Questa settimana ad avermi costretto a fermarmi e riflettere e’ stato Temptation Island, quel reality che funge da contenitore di tutto ciò che una persona dotata di un QI nella media e di un background culturale appena accettabile dovrebbe snobbare, e probabilmente e’ proprio questa apoteosi del trash a determinarne il successo. Infatti credo che lo seguano molte più persone di quelle che sarebbero disposte ad ammetterlo, per lo meno da sobrie. Io faccio outing e confesso che sono morbosamente attratta da questo show allo stesso modo in cui non riusciamo a smettere di guardare qualcosa che in troviamo ripugnante. Spero apprezziate che non ho tentato di nascondermi dietro la giustificazione dell’interesse antropologico o del punto di osservazione sulla decadenza del costume contemporaneo. 
Fatto sta che ho assistito a questo dialogo in cui questo attore a me semi sconosciuto come tale ma salito agli onori delle cronache più per          l’ essersi accompagnato ad Antonella Elia che per la sua filmografia parlando con una giovanissima e bellissima ragazza in kimono afferma di “poter morire domani perché io ho un figlio quindi ho la mia discendenza, ho lasciato il mio segno nel mondo, lei (la fidanzata) no, quindi quando morirà non se la ricorderà nessuno”. 

La prima reazione, in me e in credo nel 99% di chi ha il coraggio di ammettere di averlo visto, e’ di gelo. Il motivo non è nemmeno da spiegare: una donna non è meno donna se non diventa madre, un figlio non rende qualcuno completo, ci sono pessimi genitori così come individui eccelsi e senza figli. Eccetera. Non camminerò su questo terreno intriso di ovvietà perché non mi pare ne valga la pena nemmeno perderci tempo. Questo però mi fa ricollegare ad una sensazione fastidiosa provata pochi giorni fa quando sul web e’ girata la notizia, modella scoop, della prima sentenza della scorta Costituzionale nella storia della nostra repubblica firmata da tre donne, rispettivamente nel ruolo di Presidente, Redattrice e Cancelliere. Mi domando: ma è giusto dare risalto a questo avvenimento? O forse dovrebbe passare inosservato perché considerato assolutamente normale? Se si va ad indagare il minatissimo campo dell’uguaglianza di genere, non dovremmo pretendere che non si dia risalto ad un successo femminile più che ad uno maschile? Perché se una donna fa qualcosa che quotidianamente un uomo fa dovrebbe essere evidenziato come qualcosa di straordinario? Sono i maschi in questi casi a “concedere” di dar lustro a qualcosa di fatto bene e fatto da una donna o sono le donne stesse a pretendere che ogni qual volta eguaglino l’ altro sesso vadano elogiate quasi come se ci si aspettasse il contrario? Io da donna credo che finché ci saranno le “quote rosa” l’ elemento femminile sarà sempre visto come la parte a cui concedere o a cui essere obbligati a lasciare spazio, mentre credo che noi per prima dovremmo pretendere di utilizzare soltanto criteri unisex come l’ esperienza e la competenza per ricoprire un ruolo o svolgere una data funzione, ma finché ci appelleremo al nostro essere dotare di utero piuttosto che al curriculum saremo comunque tacciabili di incompletezza se quello stesso utero non lo avremo utilizzato. 


Lucia Verrini
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