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Tra tradizione e innovazione. Ed ecosostenibilità

Annalisa Bonaretti • gen 21, 2021
Dopo Pitti Uomo e Milano Moda Uomo si evidenziano le nuove tendenze del settore. La moda cambia, ma non è finita, anzi stanno emergendo grandi opportunità soprattutto per la maglieria. E della maglieria uomo che produce da 32 anni ne parliamo con Giorgio Carretti, presidente Provinciale e Regionale del settore Industria di Cna 

Tra tradizione e innovazione. Ed ecosostenibilità

Annalisa Bonaretti

Chi crede che il Covid riguardi solo salute e lavoro si sbaglia, il Covid è entrato, volenti o nolenti, a far parte della nostra quotidianità e, una volta archiviata la pandemia, nulla sarà più come prima. I segnali li stiamo già vedendo, riguardano l’aspetto psicologico e sociale delle persone e anche le abitudini che si sono create, molto diverse da quelle che le hanno precedute. Dunque anche la moda subirà dei cambiamenti significativi e chi saprà coglierli per tempo potrà godere di interessanti opportunità.
Un uomo che, con discrezione, ha sempre saputo guardare lontano è Giorgio Carretti, titolare di Sea che, nel 2005, ha acquistato il marchio Bellwood; da anni, segue una filosofia che sembra post-Covid tanto è stata lungimirante. Ha saputo mixare in un perfetto equilibrio innovazione e tradizione artigianale, la praticità del capo all’econaturalità (prodotti che fanno riferimento alla natura e non alla chimica comunque declinata), capi adattabili alle forme del corpo tanto da diventare una seconda pelle. Una econaturalità per quella che è diventata la nuova normalità. “Scegliere cosa indossare – precisa Giorgio Carretti – è una piccola liturgia quotidiana e mai come adesso abbiamo bisogno di ritualità, di certezze. Anche un semplice gesto può fare la differenza” e decidere di acquistare un capo piuttosto di un altro, di indossarlo fuori ma anche in casa per farci sentire bene, a posto, in armonia con noi stessi, ha un valore che va ben oltre il prezzo.
Comfort dunque, fibre e filati di altissima qualità utilizzando tecnologie all’avanguardia, è questo il modo di pensare di Carretti da sempre e che in questi tempi è emerso prepotentemente tanto che i recenti eventi di moda maschile a Firenze e a Milano vanno in questa direzione.
Giorgio, oltre a essere uno storico imprenditore di Carpi, è presidente Provinciale e Regionale del settore Industria di Cna, un ruolo ancora più importante anche per la crisi che stiamo attraversando.
La domanda d’obbligo è come affrontare il 2021, la risposta arriva immediata, chiara come le idee dell’imprenditore.
“Secondo me – spiega Carretti – è il momento di prendere atto che l’epidemia non è solo una malattia, ma sarà portatrice di cambiamenti strutturali; tra tanta incertezza c’è chi ritiene che l’unica certezza sia rimanere immobili, invece non è così e sbaglia chi lo pensa. Occorre guardarsi intorno, vedere il proprio settore, capire la realtà, l’evoluzione del mondo in cui si è e non avere paura di investire anche perché qualcosa di positivo c’è, ad esempio i tassi bassi. Esiste – prosegue Carretti – una discreta liquidità che andrebbe ben gestita dal sistema finanziario”.

C’è chi dice che, soprattutto nei momenti difficili, l’unione fa al forza, dunque diventa fondamentale unirsi; al proposito Carretti è realista e puntualizza: “Io non ho mai creduto nei consorzi produttivi. E’ opportuno stare insieme quando si affrontano i temi ‘cultura d’impresa, analisi sociale’, ma poi, operativamente, l’estro del singolo è un elemento potente nella costruzione di un prodotto. 

A Carpi i consorzi produttivi non hanno mai portato nulla di effettivamente significativo”.
Nonostante i limiti imposti dalla pandemia, la globalizzazione non arretrerà, e allora cosa possono fare le nostre imprese, la maggior parte di piccola taglia? “Il processo continua – sostiene – e per i piccoli il mercato si fa sempre più residuale. I contoterzisti hanno un presente estremamente difficile e sarà così anche in futuro, alla mercé degli altri che impongono regole sempre più pressanti. Per i fornitori e per i clienti devi essere significativo, devi avere peculiarità interessanti perché non basta più fare il lavoro. Io lo scorso anno ho aperto due negozi, uno a Verona e uno a Bologna; sono inseriti in un progetto strategico. 
E’ un investimento in immagine che ha già dato dei risultati che vanno al di là del prodotto venduto. Abbiamo scelto con estrema attenzione il posto e abbiamo realizzato i nostri monobrand con estrema cura. Abbiamo investito, non speso, abbiamo implementato la nostra immagine. La qualità è il distinguo, la personalità del prodotto è essenziale. I nostri capi sono coerenti con la filosofia aziendale proprio come lo sono i nostri negozi”. Qualcuno obietterà che è folle aprire dei negozi nel momento in cui tanti chiudono e l’e-commerce accelera, tra l’altro nel bel mezzo della crisi di tanti centri storici; rischi che Giorgio Carretti naturalmente ha valutato, per poi decidere fermamente che era quella la strada da seguire. 
“L’abbigliamento è l’esternazione di noi stessi, ci vive dentro non solo fuori, è la prima cosa che gli altri vedono di noi. Vestirsi è comunicare, l’abito, il maglione, i pantaloni che indossiamo sono comunicazione. E i negozi aiutano in questo, ma devono essere ben gestiti. Credo che parte della crisi dipenda anche da negozi poco attraenti, commessi non all’altezza. I venditori devono acquisire competenze, il percorso di cambiamento investe tutto e tutti. Un tempo i commessi aiutavano nella scelta di un capo, erano persone formate e di fiducia, erano un punto di riferimento per i clienti e devono tornare a essere così, dedicare tempo e competenze al cliente”. Perché entrare in un negozio deve essere un piacere, essere un’esperienza, se non c’è questo aspetto inevitabile che si acquisti in rete al miglior prezzo. Ma un capo visto, toccato, ‘annusato’, commesse e commessi all’altezza fanno la differenza. Proprio come un capo ben fatto, una storia intrecciata a tante storie che lo hanno pensato, ideato, progettato, realizzato per poi essere indossato proprio da te. 
E, con te, cominciare a raccontare la tua storia, perché quello che indossiamo è una sorta di biografia. Unica appunto, proprio come quel maglione scelto perché parla il tuo stesso linguaggio fatto di tradizione e contemporaneità.
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